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Monitoraggio del cervo nell’Appennino Tosco-Emiliano

Il monitoraggio del cervo che vi sto per presentare fa parte di una tesi di laurea dal titolo “Comportamento spaziale di una cerva a vita libera in un’area appenninica della provincia di Bologna”.

Del Dott. Francesco Giannetti

monitoraggio del cervo

Premessa

Il cervo (Cervus elaphus,Linneo 1758) risiede nell’Appennino tosco-emiliano grazie alla reintroduzione, negli anni ’50, da parte dell’ex Corpo Forestale dello Stato.

L’estinzione dell’animale nell’area di studio è datata alla fine del XVIII secolo e solo nel 1967 il suo areale si constatò esteso oltre le foreste demaniali pistoiesi, in cui ebbe principio il ripopolamento, oggi conosciute con il nome di “Riserva Naturale Biogenetica dell’Acquerino” (Salari, 2011).

A metà degli anni ’90, tale popolazione di cervi cominciò ad occupare sia il versante meridionale dell’Appennino (province di Prato e Pistoia), sia il versante settentrionale, nella zona dei laghi di Suviana e Brasimone (in provincia di Bologna), areale attualmente denominato A.C.A.T.E.R. (Areale del Cervo dell’Appennino Tosco – Emiliano – Romagnolo).

Fu così che nacque la necessità di ricorrere ad un piano di gestione faunistica ben formato nei riguardi della specie in esame.

Dapprima la gestione si basò su indagini che proponevano un’unica strategia su tutto il territorio d’interesse:

  • metodi di censimento uniformi,
  • preparazione omogenea del personale gestionale,
  • un solo piano di prelievo venatorio annuale,
  • un coordinamento centrale degli interventi.

Nel novembre del 1996, nacque una vera e propria Commissione d’intervento, preposta all’organizzazione e alla gestione razionale della popolazione in loco, grazie all’accordo tra le due regioni interessate (Salari, 2011).

Nonostante questo, ad oggi la popolazione del cervo dell’Acquerino conta un numero di capi così elevato che troppo spesso va ad impattare profondamente con le risorse trofiche di tutto l’ecosistema agr-silvo-pastorale dell’areale.

A tal proposito citiamo:

  • le conseguenze della brucatura sulla rinnovazione vegetale,
  • gli scorteccianti degli alberi,
  • gli effetti sulle coltivazioni,
  • gli incidenti stradali.

L’entità di tale impatto e la possibilità di renderlo sostenibile alle risorse dell’ecosistema territoriale costituiscono le basi per scegliere le attività gestionali, sia dirette (tramite il prelievo venatorio) che indirette (mediante la prevenzione).

Per conoscere tali basi, è fondamentale studiare la biologia e il comportamento del Cervus elaphus in tutte le sue forme, grazie alle risorse di cui disponiamo attualmente.

Una di queste forme è la relazione che questa specie instaura con il suo habitat, le cui caratteristiche ne possono condizionare l’atteggiamento e le abitudini.

monitoraggio del cervo

Con questo obiettivo, nel 2008 è stato avviato da parte del C.I.R.Se.M.A.F. (Centro Interuniversitario di Ricerca sulla Selvaggina e sui Miglioramenti Ambientali a fini Faunistici), con l’ausilio finanziario della Provincia di Prato e della Regione Toscana, un progetto di ricerca per lo studio ed il monitoraggio della popolazione di cervo presente nella Riserva dell’Acquerino.

Il piano, che ha visto la sua attuazione monitorando alcuni soggetti a vita libera mediante collari GPS/GSM, era semplicemente finalizzato ad ottenere informazioni sul comportamento spaziale degli animali e sulla fruizione da parte loro delle diverse categorie di uso del suolo.

Nell’ambito del C.I.R.Se.M.A.F., il progetto era stato realizzato da ricercatori della Sezione di Scienze Animali del DISPAA (Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze).

I risultati ottenuti da questa ricerca (Ponzetta et al., 2009) hanno stimolato l’interesse di altri enti territoriali, la provincia di Bologna e l’ATC BO3, che hanno richiesto e supportato un ampliamento dello studio rivolto agli animali presenti in aree confinanti a quelle interessate dall’analoga ricerca in Toscana (province di Prato e Pistoia).

Il nuovo piano di studio, avviatosi nell’autunno del 2013, dal titolo “Uso dello spazio e dell’habitat da parte della popolazione di Cervo dell’A.C.A.T.E.R. Centrale”, ha quindi l’obiettivo di analizzare l’uso dello spazio e la selezione dell’habitat da parte del cervo, in una particolare area della provincia di Bologna limitrofa al “Parco dei Laghi si Suviana e Brasimone”, tramite monitoraggio del cervo, in particolare tramite il monitoraggio di un campione di individui con l’uso di radiotelemetria mediante sistema GPS (Global Positioning System).

Lo studio, che si pone a complemento e supporto delle attività gestionali relative a questa specie in provincia di Bologna, fornisce informazioni sulla mobilità degli animali, localizzazione e dimensione degli Home Range e la frequentazione delle aree di alimentazione.

Materiali e metodi

Area di studio

Area di studio. Foto di Google Earth

L’area di studio e il monitoraggio del cervo rientrano nei territori del Comprensorio A.C.A.T.E.R. Centrale, il quale si estende nella zona che comprende:

  • il “Parco Regionale dei Laghi di Suviana e Brasimone”,
  • un’area protetta situata nel settore centrale dell’Appennino bolognese nella provincia di Bologna, al confine con la Toscana,
  • la zona attorno a due bacini artificiali realizzati nel Novecento a scopo idroelettrico.

Il Parco è gestito dall’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità dell’Emilia Orientale. Il suo territorio, esteso in un’area di 3.329 ettari, è racchiuso fra le valli dei torrenti Brasimone e Limetra Orientale, principali immissari dei due laghi.

Il suo confine meridionale coincide con la sponda destra del bacino di Pavana, nella valle del Limentra Occidentale.

Si estende ad un’altitudine che varia dai 468 ai 1.283 metri s.l.m.. Più della metà del territorio del Parco si trova sopra i 700 metri di quota.

Il bosco ne ricopre l’85% e le specie arboree dominanti sono rappresentate da Castagno, Acero, Carpino nero, Sorbo, Biancospino, Roverella e Faggio. Quest’ultimo è presente solo oltre gli 800 metri di altitudine.

Sono presenti anche radure, prati, pascoli, terreni coltivati e campi abbandonati, riconquistati dalla vegetazione spontanea.

Collari GPS/GSM

Collare GPS/GSM, modello Pro-light 4

Il monitoraggio in esame si è avvalso della tecnica di telemetria tramite collari GPS/GSM, modello Pro-light 4 della Vectronic Aerospace® (Berlin).

Questo tipo di collare satellitare riceve localizzazioni GPS e le trasmette periodicamente via SMS (un SMS ogni 7 localizzazioni memorizzate) inviati a una Ground Station situata presso la sezione di Scienze Animali del DISPAA di Firenze.

In caso di assenza di copertura GSM al momento della trasmissione dell’SMS alla ricevente, il messaggio viene registrato all’interno del collare stesso e inviato alla successiva riconnessione. I collari possono essere programmati tramite un apposito software (PGS Plus V 3.0.0.) in molte modalità.

Sono inoltre dotati di:

  • sensori di temperatura,
  • sensori di attività e moralità,
  • trasmittente VHF,
  • sistema drop off.

Quest’ultimo è un meccanismo a tempo che permette lo sganciamento automatico del collare in un momento prestabilito.

Nel nostro caso, i collari trasmettono le localizzazioni (dette fix) degli animali secondo una programmazione prestabilita di un fix ogni ora, con dati geo-referenziati (longitudine, latitudine e altitudine), temperatura ambientale (sicuramente imprecisa causa il contatto del collare con il collo dell’animale, la radiazione solare incidente, assenza di aria nel box dove alloggia il sensore, ecc.), data, ora e copertura satellitare al momento del rilievo del fix (validità del segnale e numero di satelliti orbitanti).

Mentre le radiotrasmittenti si limitano a trasmettere il segnale al satellite, le radioriceventi GPS immagazzinano i dati di posizione. Tali dati sono ricavati dalla ricezione dei segnali di 24 satelliti, in orbita geostazionari a intorno alla Terra.

La ricezione contemporanea dei segnali di almeno 4 satelliti permette di determinare le 3 dimensioni (latitudine, longitudine, altitudine).

La tecnologia appena descritta (di cui in parte abbiamo già parlato nell’articolo sull’agricoltura di precisione) presenta sia degli aspetti positivi, sia alcuni limiti.

Tra i primi, c’è il vantaggio di poter registrare un elevato numero di fix per ogni animale e di scaricarli automaticamente ed in modo continuativo. Per quanto riguarda i limiti, invece, possiamo citare il costo ancora abbastanza elevato di questa strumentazione e gli eventuali impedimenti di ricezione del segnale GPS o della rete GSM, dovuti ad esempio all’effetto schermante della fitta vegetazione arborea.

Risultati

Mobilità mensile

Nella tabella seguente sono riportati i valori mensili di mediana della mobilità per tutto il periodo monitorato. Una volta ottenuti i relativi valori, è stato creato il grafico successivo. L’unità di misura dei valori della mobilità è il metro.

Mese (2014)Mobilità (m)Mese (2015)Mobilità (m)Mese (2016)Mobilità (m)
Gennaio28,32Gennaio31,10Gennaio36,14
Febbraio33,18Febbraio25,30Febbraio30,68
Marzo35,26Marzo35,11  
Aprile50,13Aprile42,08  
Maggio52,01Maggio45,18  
Giugno43,97Giugno40,22  
Luglio38,91Luglio44,72  
Agosto32,01Agosto31,14  
Settembre39,05Settembre33,30  
Ottobre43,40Ottobre34,10  
Novembre45,34Novembre42,19  
Dicembre31,34Dicembre38,93  

I valori riportati in tabella sono da considerarsi generalmente piuttosto bassi se considerati in riferimento alla mobilità riscontrata monitoraggio del cervo nel contiguo versante pistoiese (cerve della Riserva Naturale dell’Acquerino-Cantagallo, Crocetti 2011).

Valori analoghi a quelli riportati sono stati osservati per un’altra cerva monitorata nel versante bolognese, in contemporanea alla cerva qui trattata (ribattezzata con il nome di Zoe), anche se per un periodo più limitato in quanto predata nell’aprile 2015.

Andamento della mobilità mensile nei 2 anni di studio (2014, 2015 e i primi due mesi del 2016)
Confronto dell’andamento tra la mobilità mensile del 2014 e quella del 2015.

Si può constatare che nei mesi di aprile e maggio di entrambi gli anni si verifica un rialzo notevole della mobilità rispetto ai mesi immediatamente precedenti.

Questo potrebbe essere dovuto al fatto che l’animale si è mosso per sfruttare la disponibilità di alimento verde conseguente alla ripresa vegetativa di tale periodo.

Oltre a questo, si potrebbe considerare l’ipotechi che le femmine, in procinto del parto, sentano la necessità di aumentare le riserve energetiche per affrontare l’ultimo mese di gravidanza.

Mobilità stagionale

Confronto della mobilità stagionale tra gli anni 2014, 2015 e 2016 (quest’ultimo solo in inverno)

I valori minimi si riscontrano nei mesi freddi della stagione invernale. In questo periodo l’animale riduce fisiologicamente il metabolismo sia a causa delle temperature molto basse, sia a causa della ridotta disponibilità e reperibilità di risorse trofiche (Arnold et al., 2003).

Nel grafico precedente si può osservare che il valore massimo si riscontra nella primavera 2014 e quello minimo in inverno 2015, analogamente a quanto già messo in luce con la mobilità mensile.

L’andamento della mobilità stagionale mostra nel primo anno una sequenza altalenante tra le stagioni. Nel secondo anno, si ha una diminuzione costante a partire dalla primavera.

Il monitoraggio della cerva in esame porta a constatare un picco di mobilità in primavera. Come già accennato, la motivazione potrebbe essere collegata al fatto che in primavera l’animale si sia spostato di più per approfittare della presenza di alimento di qualità, grazie alla ripresa vegetativa di tale stagione, necessario per sostenere le esigenze nutritive più elevate del periodo avanzato di gravidanza.

Home range

Gli studiosi sono generalmente interessati alla realizzazione di due tipi di mappe: le mappe degli Home Range (Burt, 1943), che tracciano le entità territoriali o di confine di movimento degli animali, e la distribuzione d’utilizzo (UDs; Jennrich and Turner 1969, Ford and Krumme 1979), che rappresenta la densità degli spazi utilizzati dagli animali.

Per trovare le dimensioni degli Home Range, è stato utilizzato il metodo di stima “LoCoH” (Local Convex for Hull), uno dei più recenti metodi proposto nel 2004 da Getz e Wilmers.

Nel monitoraggio del cervo, questo metodo permette di descrivere la “distribuzione di utilizzo” stimando, per ogni animale, la probabilità di trovarsi in un dato punto del piano territoriale.

Il LoCoH raggiunge contemporaneamente i due obiettivi fondamentali degli ecologisti, stimando la dimensione dell’Home Range degli animali e costruendo una distribuzione d’utilizzo.

La sua affidabilità è dovuta al fatto che il calcolo dell’Home Range è esente dalla presenza di punti sparsi. Ciò rispecchia meglio il reale utilizzo dell’habitat.

Le dimensioni degli Home Range dipendono da molteplici variabili, tra cui (in misura diversa caso a caso) principalmente dalle disponibilità alimentari, dalla qualità del territorio, dai fattori sociali (Burt, 1943).

monitoraggio del cervo

Effettuando un confronto con i valori di mobilità calcolati a livello mensile è possibile notare che i momenti di massima e minima estensione degli Home Range non corrispondono con quelli in cui si verificano rispettivamente le minori o maggiori distanze orarie percorse.

Questo comportamento, apparentemente contraddittorio, ci rivela che, anche se in inverno gli animali esplorano territori più ampi per trovare sufficiente alimento, i movimenti compiuti risultano di modesta entità.

In primavera ed estate, invece, la maggiore offerta alimentare permette agli animali di trovare, in un raggio relativamente più contenuto, le risorse necessarie.

Queste vengono cercate con maggiori spostamenti all’interno dell’Home Range. Sembrerebbe dunque esistere una corrispondenza  inversa tra le dimensioni e la mobilità, in funzione della maggiore o minore disponibilità alimentare.

Frequentazione della rete viaria

monitoraggio del cervo

Un aspetto di grande attualità nel monitoraggio del cervo, legato alle conseguenze relative all’interazione tra presenza di fauna selvatica ed attività antropiche, riguarda la presenza di animali selvatici nelle vicinanze delle sedi stradali e gli incidenti provocati dai loro attraversamenti.

Per questo motivo si è ritenuto interessante indagare sulla frequentazione, da parte della cerva, delle strade presenti nel territorio da lei occupato.

Tra tutti i fix raccolti (16.623), circa 2.284 (13,74% del totale) sono stati rilevati in corrispondenza della rete viaria, comprendendo la sede stradale ed un buffer circostante di 10 metri.

Le maggiori percentuali di presenza in corrispondenza delle strade si riscontrano in estate.

Un aspetto importante di questo tipo di monitoraggio del cervo riguarda anche le fasce orarie interessate, che possono mettere in luce i momenti di maggior rischio per eventuali collisioni con gli autoveicoli di passaggio.

Il massimo valore di frequentazione si è registrato in estate alle ore 2:00, mentre il valore minimo si è rilevato nella stagione invernale alle ore 11:00.

Conclusioni

Questo lavoro ha fornito risultati sull’utilizzo dello spazio da parte di una cerva appartenente alla popolazione residente in una zona del Comprensorio dell’A.C.A.T.E.R. Centrale.

Tali risultati devono essere comunque confermati per un maggiore significato scientifico, ampliando il monitoraggio sia a livello temporale sia nel numero di soggetti studiati.

Nonostante questo, si è potuto riscontrare che i risultati ottenuti sono molto simili a quelli rilevati in uno studio eseguito sul versante toscano. Anch’esso indicò:

  1. abitudini prettamente stanziali da parte degli animali monitorati,
  2. fedeltà alle aree di frequentazione
  3. relazione inversa tra dimensioni degli home range e mobilità.

L’ulteriore ampliamento del monitoraggio del cervo su un maggior numero di soggetti permetterà di ottenere maggiori ed importanti informazioni sull’uso dello spazio da parte degli animali di questa popolazione ed in generale sulla loro biologia e sulle loro abitudini.

Questo potrà fornire un valido contributo all’individuazione di interventi mirati di gestione della popolazione, finalizzati a conservare la specie limitando al minimo le divergenze con le attività antropiche nella zona.

Non fidarti delle apparenze:
Non è il cervo che attraversa la strada,
ma è la strada che attraversa il bosco.

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